giovedì 10 marzo 2016

NOTA dei Partigiani della Scuola Pubblica sulle assemblee sindacali di febbraio e marzo

“I Partigiani della Scuola Pubblica”, a tutela degli interessi degli operatori e degli utenti della Scuola, partecipano a tutte le assemblee sindacali pertinenti alle loro sedi scolastiche, e intervengono ove le informazioni fornite non appaiano complete, corrette o imparziali.
 In questi giorni, infatti, le OO.SS. Confederali FLC CGIL, CISL, UIL, SNALS CONFSAL stanno dando vita, in diverse regioni, ad un nuovo ciclo di assemblee di consultazione e consulenza sul tema dell’accordo sulla mobilità da loro firmato ed attualmente al vaglio del DEF.

Chi vi si recasse con l’aspettativa che finalmente abbiano preso coscienza della gravità della situazione ed abbiano deciso di intraprendere quella lotta, quel Vietnam, che ci avevano promesso all’indomani dell’approvazione della legge 107, rimarrebbe profondamente deluso.
Il loro unico intento è quello di attrarre nuovi iscritti e rafforzare la fiducia degli iscritti rimasti, offrendo indicazioni operative su come barcamenarsi fra le nuove regole della mobilità, quelle nuove regole alle quali essi stessi hanno contribuito accettando i diktat del MIUR.

Assistendo a queste assemblee non si può fare a meno di notare alcuni aspetti comuni a tutte, semplicemente inquietanti: dei molti presenti, pochissimi docenti hanno piena consapevolezza dei risvolti drammatici ed inesorabili della firma del CCNI, presi dal dettaglio dei cavilli della norma ad arte somministrati con dovizia di particolari dal sindacalista di turno per impegnare le menti degli astanti nell’arte pratica dell’arrangiarsi nella selva della burocrazia e delle complesse fasi di questa mobilità, zig zagando miseramente fra gli ambiti infernali. Non a caso Faraone ha dichiarato di essere soddisfatto della firma dei sindacati sulla preintesa.
Il loro obiettivo a chi osserva con un minimo di attenzione? Somministrare la giusta dose di morfina con cui li potranno condurre, a gruppi, sulla via senza ritorno della chiamata diretta e quindi, soprattutto al sud, quella della corruzione e dell’abuso legalizzato.

Il copione di tutte le assemblee è sempre uguale: tutte le OO.SS. su citate negano di aver accettato la chiamata diretta, fanno credere che il problema stia soltanto nella complessità dell’organizzazione degli ambiti, ma che, alla resa dei conti, tutto sia rimasto quasi come prima.
Lasciano intendere di aver tentato di tutto per contrastare sia la legge, sia la questione degli ambiti con affermazioni rassicuranti quale quella illusoria che avrebbero firmato l’accordo sulla mobilità nella prospettiva che si possa evitare la chiamata diretta per gli assunti in fase b e c, attraverso improbabili successive fasi della trattativa (se la legge parla chiaro, perché una trattativa che ha valore per un solo anno dovrebbe smentirla?).

Addirittura, qualcuno di questi sindacalisti, a domanda, ha pure avuto il coraggio di rispondere che se quest’anno il MIUR ha concesso questa deroga per i vecchi immessi in ruolo e per i soprannumerari, non si vede perché non la debba concedere anche per l’anno venturo, per affermare poi, rispondendo ad altra domanda, che dall’anno prossimo ci sarà un organico unico dell’autonomia e che la distinzione quindi tra fasi di assunzione e tra organico di diritto, di fatto e di potenziamento ovviamente scomparirà.
Quando qualcuno ha osato chiedere: chi deciderà quale docente andrà su potenziamento e quale su cattedra curricolare, è stato finanche risposto in modo rassicurante che il Collegio dei docenti fisserà i criteri (?!?!). “E i perdenti posto l’anno venturo?”, Risposta: “ Saranno trattati con i vecchi criteri (?!?)”.
Molti docenti, disorientati ad arte, preoccupati per la volubilità del Fato imminente e inesorabile, l’unico a dominare sugli algoritmi ministeriali a cui è affidata la vita delle persone, forse anche indotti dalla banale considerazione che, alla resa dei conti, quel sindacalista esperto di cavilli potrà servire loro per la compilazione della domanda, stanno muti, pur condividendo appieno lo sdegno espresso da qualche docente “contrastivo” che si azzarda a deviare l’argomento della discussione sulla mobilitazione, l’unica arma non spuntata, in un periodo denso di appuntamenti politici, da usare contro un Governo asfaltatore dei diritti umani dei lavoratori, prima che professionali.
Tutto ciò sta a dimostrare ancora una volta che le OO.SS. Confederali hanno subito una trasformazione genetica: le loro assemblee non sono più il luogo dove ci si poteva esprimere in libertà, ma un clone di quelle sedi in cui si è uccisa la democrazia e la dignità dei lavoratori. Una politica sindacale questa che è oltretutto stolta e suicida: non mobilitare oggi significherà per loro perdere tutto il potere contrattuale domani e quindi scomparire subito dopo. Non ci stupirebbe scoprire che molti dei vertici hanno già una brillante carriera promessa nel PD di Renzi, ma tante e tante RSU che hanno svolto onestamente il loro compito perderanno le tutele e rischieranno di finire in ambito, tanti responsabili sindacali che hanno fatto diffide a Dirigenti scolastici per condotta anti-sindacale finiranno in ambito e su chiamata diretta, ma chi li chiamerà?
Agli operatori della scuola che assistono a questi fatti tragici ci viene oggi la voglia di citare i versi manzoniani del Coro dell’Atto III dell’Adelchi, con la speranza mai sopita di un nuovo “Risorgimento”, estratti da una strofa non a caso censurata dagli Austriaci:
“Domani, al destarvi, tornando infelici,
Saprete che il forte sui vinti nemici
I colpi sospese, che un patto troncò.
Che regnano insieme, che sparton le prede,
Si stringon le destre, si danno la fede,
Che il donno, che il servo, che il nome restò.”
I Partigiani della Scuola Pubblica, 10/03/2016
Partigiani.psp@gmail.com