Quesito: Esistono profili di ammissibilità,
affinché la Giunta regionale possa ricorrere alla Corte costituzionale avverso
la legge 107/15, ex art. 127, comma
2, Cost?
La risposta al superiore quesito, formulato dal Comitato per la scuola
della Repubblica – Catanzaro e Provincia, implica una breve disamina intorno ai
limiti di ammissibilità dei ricorsi regionali avverso le leggi statali, per
come emerge dal novellato art. 127 Cost. e dalla sua interpretazione alla luce
della giurisprudenza costituzionale.
Com’è noto, la superiore disposizione costituzionale, nella sua versione
novellata dall’art. 8 della legge costituzionale n. 3 del 2001, di riforma del
titolo V della Costituzione, ammette l’impugnativa regionale dinanzi alla Corte
costituzionale, entro il termine di sessanta giorni dalla sua pubblicazione,
solo allorché la Regione “ritenga che una
legge o un atto avente valore di legge dello Stato o di un’altra Regione leda
la sua sfera di competenza”. Disattendendo gli auspici della più autorevole
dottrina costituzionalistica, nel senso di un riequilibrio dei rapporti tra
Stato e Regioni, prima sbilanciati a vantaggio del primo, la giurisprudenza
costituzionale, all’indomani della riforma, ha confermato il pregresso
orientamento, nel senso di limitare le impugnative regionali ai soli aspetti
che attengono ad una lesione delle disposizioni attinenti alle competenze
regionali, contenute nel titolo V, parte seconda, della Costituzione (ex multis, Corte cost. n. 961/1988). E,
tuttavia, più di recente, il giudice delle leggi ha potuto adottare una
posizione meno rigida, osservando che, nei giudizi in via principale, le
Regioni possono evocare altri parametri, qualora la violazione di questi
comporti una compromissione delle attribuzioni regionali costituzionalmente
garantite e sia possibile verificare la “ridondanza”
delle asserite violazioni sul relativo riparto e la ricorrente abbia indicato
le specifiche competenze ritenute lese e le ragioni della lamentata lesione (ex plurimis, sentt. n. 219/2013; n. 311
e n. 151 del 2012, n. 128 del 2011, n. 326 e n. 40 del 2010).
Alla luce di quanto sopra, è stata valutata più favorevolmente la
possibilità di far valere i parametri costituzionali relativi all’assetto delle
fonti, tanto che parte della dottrina (Rossi) ha osservato che tali
disposizioni occuperebbero una posizione intermedia tra quelle direttamente
attributive di competenze regionali e quelle per le quali la legittimazione va
esclusa. Vengono in rilievo, per tale verso, gli artt. 77 e 76 Cost. I primi
con riguardo alla sussistenza dei presupposti di necessità e urgenza, i secondi
con specifico riguardo sia ai contenuti delle leggi di delega che al rapporto
con i decreti delegati. Nonché i ricorsi aventi ad oggetto la violazione
dell’art. 117 comma 1 Cost., e, più in generale, le disposizioni sul
procedimento di formazione della legge (artt. 70 ss.).
Ne consegue, volendo accedere ad un’interpretazione orientata al rispetto
del principio della certezza del diritto e alla massima valorizzazione del
principio autonomista, che, allorché si versi nell’ambito delle competenze
legislative concorrenti, come nel caso in esame (atteso che la materia “istruzione” è di competenza concorrente),
i vizi formali della legge statale potrebbero riverberarsi sulla normativa
regionale di dettaglio. In altri termini, l’approvazione dei “principi fondamentali” della materia –
al cui rispetto è tenuta la regione nell’approvazione delle norme di dettaglio
–, in violazione di norme sul procedimento, potrebbe inficiare,
conseguenzialmente, la disciplina di dettaglio, traducendosi in una lesione del
corretto esercizio delle competenze dell’ente territoriale regionale.
Nel caso che ci occupa – come è stato rilevato anche dal Presidente
onorario aggiunto della Corte di Cassazione, Ferdinando Imposimato, in una
lettera rivolta al Capo dello Stato Mattarella, con cui chiedeva a quest’ultimo
di non promulgare la riforma sulla scuola, stante l’elevato numero di profili
di illegittimità costituzionale da cui sarebbe affetta –, la fissazione
delle “linee guida per valutare il premio
dei docenti”, destinate a produrre una significativa incidenza sulla
carriera dei docenti, premiati e non, è contenuta in una delega generica al
Governo su una materia fondamentale, con il rischio di un vulnus dell’art. 76 Cost., relativamente alla parte in cui
prescrive alla legge di delega la determinazione di “principi e criteri direttivi”, per “tempo limitato e per oggetti definiti”.
Peraltro, la legge 107 è stata approvata mediante l’apposizione del voto di
fiducia. Circostanza che potrebbe stridere con la disposizione dell’art. 72,
ult. comma, Cost., ai sensi del quale “la
procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte della
Camera è sempre adottata per disegni di legge in materia costituzionale
ed elettorale e per quelli di delegazione legislativa”. L’art. 116, comma
4, dispone che “la questione di fiducia
non può essere posta […] su tutti
quegli argomenti per i quali il Regolamento prescrive votazioni per alzata di
mano o per scrutinio segreto”. Ai sensi del comma 1-quinquies dell’art. 49 del regolamento, “lo scrutinio segreto può essere
richiesto solo sulle questioni strettamente attinenti ai casi previsti nel comma
1”. Giacché i disegni di legge in materia di
delegazione legislativa non rientrano tra quelli per i quali è consentito lo
scrutinio segreto, può ritenersi che l’approvazione della questione di fiducia
non sia ammessa per le leggi di delega, con la conseguenza che la legge
107 potrebbe violare l’art. 72, ult.
comma, Cost., limitatamente alle disposizioni contenenti la delega per il riordino delle disposizioni legislative
vigenti. Tuttavia, è bene comunque rilevare che la prassi parlamentare si è da
sempre mossa nel senso contrario. Inoltre, nel caso che ci occupa, la legge 107
è di iniziativa governativa. La qual cosa, se si considera che, apponendo la
fiducia sul testo, ne è stata preclusa la discussione, genera il paradossale
effetto di un Governo che delega se stesso. Il Parlamento è altresì spogliato della sua funzione legislativa anche se
si pensa che i Pareri, che saranno richiesti alle Commissioni competenti
allorquando il Governo predisporrà i decreti legislativi, avranno natura sì
obbligatoria, ma non vincolante.
Ulteriori profili, azionabili dalla Regione, potrebbero riguardare i
rapporti con il diritto eurounitario, alla luce della sentenza della corte di
Giustizia del 26 novembre 2014, che ha condannato l’Italia per violazione della
direttiva 1999/70/Ce, sul tema dei
precari. Il complessivo impianto della legge 107 pone più di un dubbio di
compatibilità con i desiderata della
Corte di Strasburgo. Stante la copertura di cui all’art. 11 e 117, comma 1,
Cost. del diritto dell’Unione europea, tanto nei giudizi in via incidentale che
in quelli in via principale, il contrasto con la normativa sovranazionale
potrebbe essere fatto valere dalle Regioni, laddove ne ridondi una lesione
sulle competenze regionali.
Inoltre, rispetto
alla Tabella 1, allegata alla 107/2015, che individua i posti per gli organici di potenziamento per ciascuna Regione, il Governo ha omesso di ricorrere alla Conferenza Stato-Regioni, con
la conseguenza di un rischio di violazione del principio, codificato dalla
giurisprudenza costituzionale, di “leale
collaborazione” tra enti, attesi i considerevoli effetti che tale tabella
può provocare al livello regionale. Peraltro, proprio la distribuzione dei
posti potrebbe generare una sperequazione tra le Regioni, dando luogo ad un
problema di compatibilità con l’art. 3 Cost. Vizio censurabile con il giudizio
in via principale, ove riguardi i rapporti tra le Regioni. Parimenti, un
rischio di lesione del principio di non discriminazione è insito nell’art. 1, comma 108, nella parte in cui prevede, per l’anno
scolastico 2016/2017, che venga avviato un piano straordinario di mobilità
territoriale e professionale su tutti i posti vacanti dell’organico, rivolto ai
docenti assunti a tempo indeterminato entro l’anno scolastico 2014/2015. Tale
personale partecipa, a domanda, alla mobilità per tutti gli ambiti
territoriali a livello nazionale, in deroga al vincolo triennale di permanenza
nella provincia, per tutti i posti vacanti e disponibili inclusi quelli
assegnati in via provvisoria nell’anno scolastico 2015/2016. Esiste, infatti, un
concreto rischio di un esodo di massa dei docenti calabresi verso altre regioni
d’Italia con il pericolo di un impoverimento della Regione in ordine alle sue
risorse economiche, finanziarie, umane e culturali, incidendo sulle competenze
regionali concorrenti in materia di “coordinamento
della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni
culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali”.
In merito all’alternanza scuola-lavoro, la legge 107
ne dispone l’obbligatorietà, ai commi 38 ss. Con il che si corre il rischio di
incidere sulla competenza regionale residuale in merito alla “formazione professionale”. Il dettato
normativo statale, infatti, oblitera il dato della disponibilità degli enti
presenti sul territorio in grado di sostenerne l’attuazione, con gravi rischi
anche in termini di sostenibilità finanziaria. La qual cosa impone, peraltro,
in capo alla Regione, un obbligo di ottemperare ad una funzione di mediazione
tra scuola e territorio con un preciso vincolo orario (200 ore per i licei e
400 per gli istituti tecnici) e di curricolo a prescindere dal livello di
fattibilità locale, dalla disponibilità di enti o aziende nelle prossimità
delle sedi scolastiche interessate.
Infine, relativamente al comma 181, lettera e) punto 4) l’ambigua formulazione del dettato normativo (“l’istituzione di una quota capitaria per il
raggiungimento dei livelli essenziali, prevedendo il co-finanziamento dei costi
di gestione, da parte dello Stato con trasferimenti diretti o con la gestione
diretta delle scuole dell'infanzia e da parte delle regioni e degli enti locali
al netto delle entrate da compartecipazione delle famiglie utenti del servizio”)
non consente di definire i criteri e i principi ispiratori della delega, in
possibile violazione dell’art. 76 Cost.. Tale disposizione consegna al
legislatore statale la possibilità di gravare il servizio essenziale delle
scuole dell’infanzia direttamente sulle casse degli enti locali e delle
Regioni, con partecipazione delle famiglie utenti del servizio, con il rischi
di una differenziazione e discriminazione fra le diverse realtà territoriali.
Alla luce di tutte le superiori argomentazioni, si
conclude nel senso che non mancano profili di ammissibilità per un
eventuale ricorso, affinché la Giunta regionale possa adire la Corte
costituzionale avverso la legge 107/15, ex art. 127, comma 2, Cost. Nel qual caso, stante la molteplicità dei profili di
competenza che in sé contengono anche profili di merito, la medesima Giunta,
prima, e il suo Presidente, poi, potrebbero avanzare un’istanza di sospensione.
E, in effetti, ai sensi dell’art. 35 della legge
11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte
costituzionale), e dell’art. 21 delle Norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale, sarebbe opportuno, in tale eventualità, avanzare
istanza di sospensione dell’efficacia delle disposizioni impugnate, in quanto
la loro efficacia potrebbe comportare il reale rischio di un irreparabile
pregiudizio all’interesse pubblico e all’ordinamento giuridico della
Repubblica, nonché quello di un pregiudizio grave e irreparabile per i diritti
dei cittadini. Sul punto, vale la pena ricordare che la Regione può avanzare
tale istanza; la “parità delle armi” (Salazar) tra Stato e Regioni è stata
assicurata con l’ord. n. 245 del 2006, allorquando, pur dichiarando il “non luogo a provvedere”, la Corte
costituzionale ha affermato che i vizi presenti nell’istanza cautelare
(proposta dalla Regione) “non consumano,
in linea di principio, il potere di cui essa è titolare”. Ove presenti nel
caso de quo, come presupposti per la
sospensione, sia il periculum in mora che il fumus bonis iuris, e stante la valutazione comparativa delle conseguenze
della sospensione o meno dell’atto, sarebbe opportuna tale istanza, al fine di
evitare una produzione di illegittimità “a
cascata” che produrrebbe vieppiù incertezza giuridica e grave danno per
l’ordinamento.
Catanzaro, 3.09.2015
Prof. Avv. Paolo Falzea
Avv. Prof. Andrea Lollo