sabato 5 settembre 2015

Parere di fattibilità del ricorso regionale ex art. 127 secondo comma cost. avverso la l. 107/15 dello studio legale Falzea - Lollo



Quesito: Esistono profili di ammissibilità, affinché la Giunta regionale possa ricorrere alla Corte costituzionale avverso la legge 107/15, ex art. 127, comma 2, Cost?

La risposta al superiore quesito, formulato dal Comitato per la scuola della Repubblica – Catanzaro e Provincia, implica una breve disamina intorno ai limiti di ammissibilità dei ricorsi regionali avverso le leggi statali, per come emerge dal novellato art. 127 Cost. e dalla sua interpretazione alla luce della giurisprudenza costituzionale. 
Com’è noto, la superiore disposizione costituzionale, nella sua versione novellata dall’art. 8 della legge costituzionale n. 3 del 2001, di riforma del titolo V della Costituzione, ammette l’impugnativa regionale dinanzi alla Corte costituzionale, entro il termine di sessanta giorni dalla sua pubblicazione, solo allorché la Regione “ritenga che una legge o un atto avente valore di legge dello Stato o di un’altra Regione leda la sua sfera di competenza”. Disattendendo gli auspici della più autorevole dottrina costituzionalistica, nel senso di un riequilibrio dei rapporti tra Stato e Regioni, prima sbilanciati a vantaggio del primo, la giurisprudenza costituzionale, all’indomani della riforma, ha confermato il pregresso orientamento, nel senso di limitare le impugnative regionali ai soli aspetti che attengono ad una lesione delle disposizioni attinenti alle competenze regionali, contenute nel titolo V, parte seconda, della Costituzione (ex multis, Corte cost. n. 961/1988). E, tuttavia, più di recente, il giudice delle leggi ha potuto adottare una posizione meno rigida, osservando che, nei giudizi in via principale, le Regioni possono evocare altri parametri, qualora la violazione di questi comporti una compromissione delle attribuzioni regionali costituzionalmente garantite e sia possibile verificare la “ridondanza” delle asserite violazioni sul relativo riparto e la ricorrente abbia indicato le specifiche competenze ritenute lese e le ragioni della lamentata lesione (ex plurimis, sentt. n. 219/2013; n. 311 e n. 151 del 2012, n. 128 del 2011, n. 326 e n. 40 del 2010).
Alla luce di quanto sopra, è stata valutata più favorevolmente la possibilità di far valere i parametri costituzionali relativi all’assetto delle fonti, tanto che parte della dottrina (Rossi) ha osservato che tali disposizioni occuperebbero una posizione intermedia tra quelle direttamente attributive di competenze regionali e quelle per le quali la legittimazione va esclusa. Vengono in rilievo, per tale verso, gli artt. 77 e 76 Cost. I primi con riguardo alla sussistenza dei presupposti di necessità e urgenza, i secondi con specifico riguardo sia ai contenuti delle leggi di delega che al rapporto con i decreti delegati. Nonché i ricorsi aventi ad oggetto la violazione dell’art. 117 comma 1 Cost., e, più in generale, le disposizioni sul procedimento di formazione della legge (artt. 70 ss.).
Ne consegue, volendo accedere ad un’interpretazione orientata al rispetto del principio della certezza del diritto e alla massima valorizzazione del principio autonomista, che, allorché si versi nell’ambito delle competenze legislative concorrenti, come nel caso in esame (atteso che la materia “istruzione” è di competenza concorrente), i vizi formali della legge statale potrebbero riverberarsi sulla normativa regionale di dettaglio. In altri termini, l’approvazione dei “principi fondamentali” della materia – al cui rispetto è tenuta la regione nell’approvazione delle norme di dettaglio –, in violazione di norme sul procedimento, potrebbe inficiare, conseguenzialmente, la disciplina di dettaglio, traducendosi in una lesione del corretto esercizio delle competenze dell’ente territoriale regionale. 
Nel caso che ci occupa – come è stato rilevato anche dal Presidente onorario aggiunto della Corte di Cassazione, Ferdinando Imposimato, in una lettera rivolta al Capo dello Stato Mattarella, con cui chiedeva a quest’ultimo di non promulgare la riforma sulla scuola, stante l’elevato numero di profili di illegittimità costituzionale da cui sarebbe affetta –, la  fissazione delle “linee guida per valutare il premio dei docenti”, destinate a produrre una significativa incidenza sulla carriera dei docenti, premiati e non, è contenuta in una delega generica al Governo su una materia fondamentale, con il rischio di un vulnus dell’art. 76 Cost., relativamente alla parte in cui prescrive alla legge di delega la determinazione di “principi e criteri direttivi”, per “tempo limitato e per oggetti definiti”.
Peraltro, la legge 107 è stata approvata mediante l’apposizione del voto di fiducia. Circostanza che potrebbe stridere con la disposizione dell’art. 72, ult. comma, Cost., ai sensi del quale “la procedura normale di esame  e di approvazione diretta da parte della Camera è sempre adottata per disegni di legge  in materia costituzionale ed elettorale e per quelli di delegazione legislativa”. L’art. 116, comma 4, dispone che “la questione di fiducia non può essere posta […] su tutti quegli argomenti per i quali il Regolamento prescrive votazioni per alzata di mano o per scrutinio segreto”. Ai sensi del comma 1-quinquies dell’art. 49 del regolamento, “lo scrutinio segreto può essere richiesto solo sulle questioni strettamente attinenti ai casi previsti nel comma 1”. Giacché i disegni di legge in materia di delegazione legislativa non rientrano tra quelli per i quali è consentito lo scrutinio segreto, può ritenersi che l’approvazione della questione di fiducia non sia ammessa per le leggi di delega, con la conseguenza che la legge 107  potrebbe violare l’art. 72, ult. comma, Cost., limitatamente alle disposizioni contenenti la delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti. Tuttavia, è bene comunque rilevare che la prassi parlamentare si è da sempre mossa nel senso contrario. Inoltre, nel caso che ci occupa, la legge 107 è di iniziativa governativa. La qual cosa, se si considera che, apponendo la fiducia sul testo, ne è stata preclusa la discussione, genera il paradossale effetto di un Governo che delega se stesso. Il Parlamento è altresì spogliato della sua funzione legislativa anche se si pensa che i Pareri, che saranno richiesti alle Commissioni competenti allorquando il Governo predisporrà i decreti legislativi, avranno natura sì obbligatoria, ma non vincolante.
Ulteriori profili, azionabili dalla Regione, potrebbero riguardare i rapporti con il diritto eurounitario, alla luce della sentenza della corte di Giustizia del 26 novembre 2014, che ha condannato l’Italia per violazione della direttiva  1999/70/Ce, sul tema dei precari. Il complessivo impianto della legge 107 pone più di un dubbio di compatibilità con i desiderata della Corte di Strasburgo. Stante la copertura di cui all’art. 11 e 117, comma 1, Cost. del diritto dell’Unione europea, tanto nei giudizi in via incidentale che in quelli in via principale, il contrasto con la normativa sovranazionale potrebbe essere fatto valere dalle Regioni, laddove ne ridondi una lesione sulle competenze regionali.
Inoltre, rispetto alla Tabella 1, allegata alla 107/2015, che individua i posti per gli organici di potenziamento per ciascuna Regione, il Governo ha omesso di ricorrere alla Conferenza Stato-Regioni, con la conseguenza di un rischio di violazione del principio, codificato dalla giurisprudenza costituzionale, di “leale collaborazione” tra enti, attesi i considerevoli effetti che tale tabella può provocare al livello regionale. Peraltro, proprio la distribuzione dei posti potrebbe generare una sperequazione tra le Regioni, dando luogo ad un problema di compatibilità con l’art. 3 Cost. Vizio censurabile con il giudizio in via principale, ove riguardi i rapporti tra le Regioni. Parimenti, un rischio di lesione del principio di non discriminazione è insito nell’art. 1, comma 108, nella parte in cui prevede, per l’anno scolastico 2016/2017, che venga avviato un piano straordinario di mobilità territoriale e professionale su tutti i posti vacanti dell’organico, rivolto ai docenti assunti a tempo indeterminato entro l’anno scolastico 2014/2015. Tale personale partecipa, a domanda, alla mobilità per tutti gli ambiti territoriali a livello nazionale, in deroga al vincolo triennale di permanenza nella provincia, per tutti i posti vacanti e disponibili inclusi quelli assegnati in via provvisoria nell’anno scolastico 2015/2016. Esiste, infatti, un concreto rischio di un esodo di massa dei docenti calabresi verso altre regioni d’Italia con il pericolo di un impoverimento della Regione in ordine alle sue risorse economiche, finanziarie, umane e culturali, incidendo sulle competenze regionali concorrenti in materia di “coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali”. 
In merito all’alternanza scuola-lavoro, la legge 107 ne dispone l’obbligatorietà, ai commi 38 ss. Con il che si corre il rischio di incidere sulla competenza regionale residuale in merito alla “formazione professionale”. Il dettato normativo statale, infatti, oblitera il dato della disponibilità degli enti presenti sul territorio in grado di sostenerne l’attuazione, con gravi rischi anche in termini di sostenibilità finanziaria. La qual cosa impone, peraltro, in capo alla Regione, un obbligo di ottemperare ad una funzione di mediazione tra scuola e territorio con un preciso vincolo orario (200 ore per i licei e 400 per gli istituti tecnici) e di curricolo a prescindere dal livello di fattibilità locale, dalla disponibilità di enti o aziende nelle prossimità delle sedi scolastiche interessate.
Infine, relativamente al comma 181, lettera e) punto 4) l’ambigua formulazione del dettato normativo (“l’istituzione di una quota capitaria per il raggiungimento dei livelli essenziali, prevedendo il co-finanziamento dei costi di gestione, da parte dello Stato con trasferimenti diretti o con la gestione diretta delle scuole dell'infanzia e da parte delle regioni e degli enti locali al netto delle entrate da compartecipazione delle famiglie utenti del servizio”) non consente di definire i criteri e i principi ispiratori della delega, in possibile violazione dell’art. 76 Cost.. Tale disposizione consegna al legislatore statale la possibilità di gravare il servizio essenziale delle scuole dell’infanzia direttamente sulle casse degli enti locali e delle Regioni, con partecipazione delle famiglie utenti del servizio, con il rischi di una differenziazione e discriminazione fra le diverse realtà territoriali.
Alla luce di tutte le superiori argomentazioni, si conclude nel senso che non mancano profili di ammissibilità per un eventuale ricorso, affinché la Giunta regionale possa adire la Corte costituzionale avverso la legge 107/15, ex art. 127, comma 2, Cost. Nel qual caso, stante la molteplicità dei profili di competenza che in sé contengono anche profili di merito, la medesima Giunta, prima, e il suo Presidente, poi, potrebbero avanzare un’istanza di sospensione. E, in effetti, ai sensi dell’art. 35 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), e dell’art. 21 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, sarebbe opportuno, in tale eventualità, avanzare istanza di sospensione dell’efficacia delle disposizioni impugnate, in quanto la loro efficacia potrebbe comportare il reale rischio di un irreparabile pregiudizio all’interesse pubblico e all’ordinamento giuridico della Repubblica, nonché quello di un pregiudizio grave e irreparabile per i diritti dei cittadini. Sul punto, vale la pena ricordare che la Regione può avanzare tale istanza; la “parità delle armi” (Salazar) tra Stato e Regioni è stata assicurata con l’ord. n. 245 del 2006, allorquando, pur dichiarando il “non luogo a provvedere”, la Corte costituzionale ha affermato che i vizi presenti nell’istanza cautelare (proposta dalla Regione) “non consumano, in linea di principio, il potere di cui essa è titolare”. Ove presenti nel caso de quo, come presupposti per la sospensione, sia il periculum in mora che il fumus bonis iuris, e stante la valutazione comparativa delle conseguenze della sospensione o meno dell’atto, sarebbe opportuna tale istanza, al fine di evitare una produzione di illegittimità “a cascata” che produrrebbe vieppiù incertezza giuridica e grave danno per l’ordinamento.
Catanzaro, 3.09.2015
Prof. Avv. Paolo Falzea

 Avv. Prof. Andrea Lollo