martedì 6 ottobre 2015

Approvata Mozione contro la "Buona Sola" di Renzi. Cinquefrondi è il 3 Comune d'Italia ad approvarla



Gli “Insegnanti calabresi” –PSP Partigiani della Scuola Pubblica e tutti i comitati provinciali dei docenti autoconvocati ringraziano il sindaco ed il Consiglio comunale di Cinquefrondi (RC) per la mozione approvata contro la “Buona Scuola” di Renzi e la sensibilità dimostrata, per aver compreso le ragioni di questa battaglia che non è corporativistica, come certa demagogia vorrebbe far credere,  perché  la Scuola è di  tutti, e da essa, dalla sua corretta ed efficace impostazione rispettosa dei principi della Costituzione, dipende il futuro di questo paese sempre più svilito e disgregato.
Con 9 voti favorevoli e quattro astenuti, la mozione “No alla Buona scuola ( legge 107/2015)” è stata approvata, oggi 6 ottobre 2015,  dal Consiglio comunale di Cinquefrondi (RC).
Ad illustrare i contenuti della mozione, il sindaco Michele Conia il quale ha definito la lotta, portata avanti da migliaia di docenti, una battaglia di civiltà e di libertà. Ha poi sottolineato i punti maggiormente critici della legge 107, che  vanno dall’aziendalizzazione della scuola, all'estrema discrezionalità riconosciuta al dirigente scolastico a discapito della collegialità, al comitato di valutazione, all’alternanza scuola lavoro, all’ingresso nel finanziamento della scuola di fondazioni, imprese, associazioni, allo school bonus.
Argomentando punto per punto, ha espresso così le sue ragioni di netta contrarietà a questa legge. La scuola è un settore nevralgico della società ed è tale la sua importanza che ha bisogno di riforme non di “controriforme”; il ruolo dell’insegnante, poi,  meriterebbe maggior rispetto e riconoscimento. Dello stesso tenore, le parole del vicesindaco Giuseppe Longo, il quale dopo aver letto il testo della mozione, ha espresso  piena e completa vicinanza alla causa dei docenti che contestano la legge 107, condividendone le ragioni.
Cinquefrondi, dopo Gravina di Puglia e Lamezia Terme, si schiera contro la legge 107/2015. Dal Sud, tre coraggiosi comuni che si battono per una scuola che sia veramente luogo di formazione e  di educazione mediante lo studio, l'acquisizione delle conoscenze e lo sviluppo della coscienza critica, condizioni imprescindibili per il senso di cittadinanza e per il progresso umano e civile di questo Paese. Tre coraggiosi comuni  che dicono no ad una scuola aziendalistica e verticistica, che è quella contemplata dalla legge 107.
insegnanticalabresi@gmail.com

                                             MOZIONE

MOZIONE APPROVATA IL 6 OTTOBRE 2015 COMUNE DI CINQUEFRONDI
MOZIONE  No all’attuale Riforma (legge 107/ 2015) denominata “Buona scuola”.

Il Consiglio Comunale,
alla luce delle norme che regolano il funzionamento di questa Assise, propone la discussione di una mozione, riguardante la legge citata in oggetto, che possa sostenere la battaglia portata avanti dai docenti.

Pertanto, PRESO ATTO

delle numerosissime mobilitazioni che stanno coinvolgendo il mondo della scuola pubblica statale, culminate nello sciopero generale dello scorso 5 maggio con la contestuale manifestazione di numerosissimi lavoratori della scuola, che sono sfilati in corteo per tutte le città d’Italia;
che la percentuale di adesione, da parte di tutto il personale della scuola, è stata circa del 70%;
che persiste molto forte uno stato di agitazione del personale della scuola, collegato alla Legge di che trattasi denominata “Buona scuola”;

VALUTATO che:
i contenuti della riforma introducono, trasformando la scuola in azienda, un fortissimo squilibrio dei poteri e delle competenze all’interno degli istituti scolastici statali, sminuendo i principi di libertà di insegnamento,  collegialità, democrazia e partecipazione dei lavoratori della scuola, delle famiglie e degli studenti. Infatti, Il rafforzamento dei poteri dei Capi di Istituto, che potranno scegliere a loro discrezione, dai cosiddetti Albi territoriali, il personale della scuola e le mansioni da assegnare a ciascuno, trasforma la scuola, a tutti gli effetti, in un'azienda, annullando di fatto la dimensione collegiale ed esponendo il sistema a pericolosissime derive autoritarie e clientelari, fino a compromettere del tutto il funzionamento del sistema;
in ordine alla meritocrazia, sarà un  Comitato di sette membri, tra cui  il dirigente scolastico, tre docenti di cui uno designato dal Consiglio di Istituto e due dal Collegio dei docenti , un membro esterno, un genitore e uno studente (o due genitori nelle scuole primarie), che individueranno i criteri per stabilire chi tra i docenti sono i migliori  e più impegnati.  Tutto ciò con conseguenze inaccettabili sull’ armonia  tra i docenti e sulla imparzialità nella gestione della scuola.  Questa norma, tra l’altro,  si pone in contrasto con la Costituzione. Infatti i criteri di valutazione del merito dei docenti vanno  stabiliti per legge,  e non attribuiti a scelte discrezionali di dirigenti scolastici o comitati di cui fanno parte  membri esterni, genitori e studenti, che non sono né ben informati sul rendimento, né imparziali. Infatti, l'art 97 della Costituzione stabilisce che “i pubblici uffici sono organizzati  secondo disposizioni di legge in modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialità  dell'amministrazione”. Ma viene violato anche l'art 33 della Costituzione sulla libertà di insegnamento: un  docente che dovrà essere giudicato  da un comitato di cui faranno  parte  anche i genitori degli studenti,  un rappresentante degli stessi studenti e un membro esterno,  non sarà più libero,  ma sarà condizionato da interferenze di soggetti non imparziali;
l’ingresso nel finanziamento della scuola di fondazioni, imprese, associazioni, ecc., che si accompagna al ritiro dello Stato – non più tenuto a garantire un servizio scolastico uniforme attraverso la fiscalità generale - condiziona l'insegnamento ad interessi privati; tutto ciò, inoltre, potrebbe configurare una sperequazione nella suddivisione delle risorse che verrebbero assegnate tramite lo school-bonus:  i benefici andranno infatti solo alle realtà avvantaggiate sia dal punto di vista economico che culturale, negli ambienti deprivati chi investirebbe i propri denari nelle scuole? Crediamo, nessuno;
l'equiparazione delle scuole pubbliche di Stato alle scuole private “paritarie” tradisce la natura universalistica dell'istruzione pubblica, alimentando particolarismi sociali, culturali e confessionali che disgregano il tessuto comune della cittadinanza, che la Costituzione tutela vietando il finanziamento pubblico alle scuole private (Art. 33);
l'”alternanza obbligatoria scuola-lavoro”, l'”impresa didattica”, la “Bottega scuola”, l'”Apprendistato sperimentale” costituiscono tutte forme di una gravissima lesione del diritto all'istruzione, dovendo destinare parte delle ore della didattica ad ore di lavoro gratuito presso le imprese; subordinano, inoltre,  agli interessi di queste ultime, le esigenze formative degli studenti e fanno temere situazioni di sfruttamento del lavoro minorile;
il piano assunzioni è stato strutturato in maniera contraddittoria poiché ha previsto e prevede una mobilità obbligatoria e straordinaria per tutti coloro che aspirano al ruolo, con precari storici delle GaE che, a 40 o 50 anni di età e con famiglia, sono stati e saranno costretti a spostarsi anche a 1000 chilometri da casa senza possibilità di rifiutare l'incarico, pena l’espunzione dalle graduatorie stesse.
CONSIDERATO inoltre
Che il mondo della scuola è un settore di primaria importanza, al quale tutti dobbiamo volgere il nostro interesse e le nostre fondate preoccupazioni.
TUTTO CIO’ PREMESSO
                                                       
                                                      Delibera
-di esprimere solidarietà e soprattutto pieno appoggio alle iniziative, pienamente condivisibili, anche in riferimento alla tutela dei fondamentali diritti costituzionali, degli insegnanti calabresi e di tutt’Italia;
-di trasmettere il presente ordine del giorno alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e ai Presidenti delle Camere allo scopo di invitare i rappresentanti parlamentari a modificare radicalmente la Legge 13 luglio 2015, n. 107.